Shanghai – Cina
Nel 1999 Zhao Zuohai, di un piccolo villaggio della provincia dello Henan, nella zona centrale della Cina, era stato condannato a morte con pena sospesa per aver ucciso un abitante del suo stesso villaggio, Zhao Zhenxiang, dopo che i due avevano avuto una lite.
Mentre il primo era ancora in carcere, tra la sorpresa generale, il 2 maggio scorso la vittima è ricomparsa.
“E’ tornato a casa, è parzialmente paralizzato – ha spiegato Yu Hantao, un altro abitante del villaggio – non si è mai sposato e non ha un posto dove stare”. Sembra che il “finto morto” abbia intrapreso, nel corso di questi anni, una piccola attività commerciale nella contea di Taikang, sempre nella provincia dell’Henan.
“Mio fratello è stato trattato in maniera veramente ingiusta – ha dichiarato la sorella dell’accusato – all’ epoca fu costretto a confessare un crimine che non aveva commesso perché torturato dalla polizia”.
Circa 10 anni fa, quando un corpo decapitato fu trovato in un pozzo, i familiari credettero si trattasse di Zhao Zhenxiang, di cui non si avevano più notizie da oltre un anno, dopo una lite con Zaho Zuohai. Fu celebrato un processo nel quale la Corte giudicò Zhao Zuohai responsabile dell’omicidio e lo condannò a morte.
Quest’ultimo non fece appello ma la sua sentenza fu in seguito commutata in 20 anni di carcere per buona condotta.
La storia ha fatto tornare alla mente dei cinesi un caso simile, che risale al 1994, quando il 32enne She Xianglin fu condannato a 15 anni di carcere per l’omicidio della moglie, che era scomparsa e di cui (si pensava) era stato tempo dopo rinvenuto il corpo. La donna invece nel 2005 tornò a casa. Il marito, scarcerato, ottenne un risarcimento di circa 67.000 dollari dal governo locale.
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